Un ring
Uno dei due pugili gioca sporco, colpi sotto la cintura e se l’arbitro interviene rischia anche lui. I secondi dell’altro campione, lungi dal sostenerlo lo attaccano ai fianchi. Questo sta accadendo da 15 anni. Sette sono i campioni che Berlusconi si compiace di aver atterrato. E se fino a Prodi si attribuiva al coacervo di secondi la colpa della caduta del campione, ora la vocazione maggioritaria ha ristretto la responsabilità. Ad ogni esternazione in libertà perdiamo un pezzo di elettorato.
Si, scarichiamo la nostra rabbia. Poi ragioniamo. Innanzi tutto cominciamo a dire che l’unica cosa da evitare è quella che emozionalmente emerge come la prima a cui lasciarsi andare: abbandonare la partita.
Allora vanno individuati i punti fermi da cui ripartire. Per qualcuno sarà come raschiare il fondo del barile dell’ottimismo , ma tant’è….
Cominciamo con il rifiuto di atteggiamenti da catastrofe annunciata: non esiste per il momento (almeno si spera) nessun pericolo di ricaduta nell'incubo di fascismi e nazismi di tanto in tanto evocati.
Parafrasando Popper credo che le società moderne abbiano maturato sufficienti anticorpi. La stessa collocazione in Europa ci aiuta ad evitare questa deriva. Resta il fatto però che esistono almeno tre elementi da considerare:
1) una sorta di dittatura mediatica imperante capace di inebetire buona parte della popolazione, specialmente i meno attrezzati dal punto di vista culturale (é proprio in queste fasce sociali che B. da esperto pubblicitario ottiene i maggiori consensi) pilotandone gli orientamenti.
2) una vasta trasformazione economica e sociale a dimensione mondiale che ha provocato la rottura degli equilibri usciti dalla fine della II guerra mondiale imponendo incertezze e paure, migrazioni bibliche, inediti scenari che i singoli paesi non sono in grado da soli di modificare (le soluzioni non possono che cercarsi a livello sovrannazionale), ma che alcune forze politiche coltivano senza scrupoli per mietere voti e consensi.
3) una sinistra (sia moderata che radicale) incapace di trovare una linea d’azione comune, l’una troppo ingessata in un riformismo mai definito, l’altra prigioniera di gabbie ideologiche passate. (E con questa affermazione mi sono fatta nemiche tutte e due).
La sinistra conserva questo peccato originale d’orgoglio per cui ognuno ritiene di essere nel giusto assoluto, ma questa irriducibilità tanti disastri ha comportato nella Storia.
Due congressi hanno decretato lo scioglimento di due partiti due anni fa. Ho partecipato a uno di essi, esprimendo le mie perplessità già allora. Poi la maggioranza ha deciso e la democrazia impone il rispetto dei numeri. Non vinci se non convinci.
Sensibilità, visioni, umori, storie, progetti diversi confluivano in un unico contenitore. Ma questo non mi aveva scandalizzata. Costringere la Binetti e la Bonino a sedersi a un tavolo per cercare un punto di convergenza era in fondo ciò che la gente chiedeva, stanca di divisioni e di esasperazioni. Posizioni inconciliabili trovavano uno spazio comune per trovare una sintesi, non al ribasso, ma la più alta possibile sulle diverse questioni.
Una illusione questa?
No, se guardiamo alla Storia del nostro paese: dalla Resistenza, alla Costituzione italiana, alla lotta al terrorismo il nostro paese ha dato prova di avere la capacità di trovare questa sintesi. Non avevamo noi gli uomini migliori? Nei posti di responsabilità non abbiamo forse insediato gli uomini e le donne più capaci?
Quando questa avventura è iniziata avevo chiesto di prestare grande attenzione alle regole. Solo regole chiare, condivise e democratiche avrebbero permesso a tutte queste differenze di fare sintesi. Qualche mese fa abbiamo approvato i nostri regolamenti: ma ogni articolo portava un nome ed un cognome. Una sorta di regolamento ad personam per salvaguardare alcuni.
Ma non ha funzionato. La controprova consiste nel fatto che ad ogni confronto qualcuno ha ritenuto di essere vittima di ingiustizia facendo saltare il tavolo.
C’è stato chi, poi, ha tenuto la valigia sempre pronta tenendo sotto scacco l’intero partito. Come se fare politica fosse come fare l’amministratore di condominio: scala A o scala B. Irrilevante.
Facciamo un esercizio notturno: prima di addormentarci ripercorriamo la lista delle ragioni che ci hanno spinti a fondare Il PD.

Angelica Lubrano
Quiliano (SV)

IL RING E IL CONDOMINIO