Osservò con attenzione la stanza: arredamento sobrio, colori tenui e luci soffuse. La Commissaria Nietta Perillo chiese alla donna affranta davanti a lei, che ogni tanto portava alla bocca un fazzoletto ormai fradicio, se la sorella aveva mostrato qualche segnale di agitazione che potesse far presagire la tragedia. Silvia Tubino aveva chiamato il 113 perché la sorella non rispondeva alle sue chiamate. No, nulla faceva trasparire uno stato di squilibrio o di depressione. In realtà niente mostrava nella stanza l’immagine di una donna sconvolta o disperata. Una piccola scrivania su un lato della stanza con un pc , un’agenda aperta sulla settimana trascorsa: annotazioni, indirizzi di posta elettronica, numeri di telefono , poi orari e luoghi di appuntamenti. Concerti, presentazioni di libri, incontri, conferenze, seminari …. una vita piena di interessi. Sulla parete davanti al pc foto di sorrisi birichini, disegni con la dedica: A zia Francesca , Ti voglio bene zia, Auguri Zia, Sei sempre brava, Mi cucini tante cose buone, A zia Francesca che pianta tanti fiori colorati. Le tre nipotine Sara, Paoletta e Miria, 10, 7 e 4 anni, figlie di Silvia, erano molto affezionate alla zia, rimasta sola dopo un travagliato matrimonio finito con una separazione infelice. Francesca dedicava tutto il suo tempo libero alle piccole pesti, anche per aiutare Silvia, sempre trafelata fra lavoro, casa e impegni vari.
La Commissaria tornò a guardarsi intorno. Riviste accatastate in attesa e libri da cui spuntavano striscioline di fogli annotati come richiami per futuri approfondimenti.
Il corpo era ancora sul letto, con le dita strette attorno a quella maledetta boccetta di barbiturici. A fianco a lei sul letto gli occhiali per le lunghe letture notturne. - Le piaceva potersi concentrare senza interruzioni sui libri che leggeva – sospirò prostrata Silvia Tubino. Erano diverse loro due. Da ragazze lei amava le feste, andare a ballare, le telenovele, essere corteggiata; Francesca invece amava le manifestazioni pacifiste, i convegni,l’ impegno civile. Un amore sbagliato l’aveva tradita, delusa. Scriveva poesie Francesca, tutte impregnate della sua passione civile, non mielose e lacrimevoli lamentazioni esistenziali, ma la puntuale denuncia delle ingiustizie sociali.
Lo sguardo della Commissaria Perillo circolò nella stanza. Cercava qualcosa che potesse dare un senso a quel gesto inconsulto, una spiegazione. Si avvicinò alla scrivania, accese il pc alla ricerca di quell’ultimo messaggio di ogni suicida. Un commiato, la dolorosa richiesta del perdono dai parenti e dagli amici, a cui si sa di dare un dolore inemendabile.
Perché non mi sono accorta della sua solitudine, quella volta che mi ha telefonato per parlarmi e io ho risposto che l’avrei richiamata…..- pensava Silvia sconvolta.
Nietta Perillo non trovò nulla nel pc risalente alla sera precedente. Interrogò ancora la sua interlocutrice:
C’era qualcuno che poteva avere motivi di odio o di ostilità nei confronti della sorella? Aveva litigato con qualcuno?
Silvia guardò con un’espressione interrogativa la Commissaria. Aggrottò la fronte:
Sì, in verità c’erano state delle violente liti con l’ex marito per questioni di proprietà della villa che Francesca aveva acquistato insieme a lui. Erano in corso cause legali, ,avvocati…. Una storia che aveva amareggiato molto Francesca.- rispose Silvia. – Le cose erano peggiorate da quando Piero, l’ex marito si era messo con Angela, una tipa strana, una persona avida, una specie di femme fatale, capace di far girare la testa agli uomini e di costringerli “a portare il cuore della madre nelle sue mani”.
Nietta Perillo sorrise alla citazione di De Andrè. Anche lei amava molto il cantautore genovese scomparso. Con le mani ancora inguainate nei guanti di lattice spostò alcune carte. Sotto alcuni fogli trovò un paio di occhiali. Li prese in mano e si girò a guardare quelli al fianco del corpo. Allora capì cosa non tornava nella scena del crimine (ora cominciava ad essere sicura che il suo fiuto non si era sbagliato). Quegli occhiali con una montatura così stridente rispetto a tutto il quadro generale, alla sobrietà dell’abbigliamento della vittima, ai toni delicati dell’arredamento nella casa, insomma quegli occhiali dalla montatura pacchiana, bicolore con farfalline e decori eccessivi non ce li vedeva sul volto delicato e un po’ severo della vittima.
Silvia non capì l’espressione della Commissaria. Perché continuava a guardare gli occhiali di Francesca, come se li soppesasse e poi si girava a guardare il cadavere della sorella?
Ma questi non sono gli occhiali di Francesca! - urlò quando finalmente mise a fuoco gli occhiali accanto al corpo, seminascosti nelle pieghe del lenzuolo.
Francesca non si era suicidata. Ma era stata “suicidata” dall’ex marito con l’aiuto della complice Angela, la sua amante, che non si era accorta di aver perduto i suoi occhiali scivolati dal taschino della camicia mentre allestivano la scena del suicidio di Francesca. Il medico legale avrebbe poi confermato che la vittima era stata prima stordita con dei sonniferi sciolti nella bibita dai due assassini, che avevano chiesto un incontro a Francesca per definire in modo amichevole le questioni legali. Avevano poi con premeditazione orchestrato il “suicidio” per appropriarsi delle fortune di Francesca, ricca e affermata professionista. Un altro caso era stato risolto dalla brava Commissaria Nietta Perillo, grazie ad un paio di occhiali.


Angelica Lubrano

 

GLI OCCHIALI