Non un centro assoluto dell’universo, ma ogni punto è centro in un universo infinito.

Con Rossotti studiare filosofia mi piaceva.
Aveva una bella faccia , Rossotti, pulita , semplice. Di famiglia benestante, abitava a Oneglia, vicino alla stazione, in una bella casa solida, al primo piano di un palazzo signorile con i balconi dalle balaustre con colonnine panciute.
Il suo invito a studiare insieme suscitava in me sentimenti contrastanti di riconoscenza e di diffidenza.
Ciò che avrebbe dovuto essere un fatto normale fra compagne di scuola, assumeva carattere di eccezionalità per me. Era la prima volta che ricevevo un invito da una compagna di scuola. Ero emigrata dalla Puglia 4 anni prima con la mia famiglia. Mia madre aveva voluto iscrivermi alla scuola media quando il percorso obbligato per i figli di operai era la scuola di avviamento.
Avevo scontato questa velleità con difficili esperienze di isolamento.
Nelle classi da me frequentate venne introdotto, a mio esclusivo appannaggio, il banco singolo in un angolo, sotto la finestra. Gli altri compagni sedevano su banchi doppi….
L’iscrizione alla scuola superiore non aveva modificato molto la situazione, anzi, l’aveva complicata. Scuola d’”èlite”; ma anche quando il vento delle riforme l’aveva aperta alla “massa”, l’accesso non si era mai trasformato in vero successo.
Avevo potuto accettare l’invito di Rossotti, che naturalmente non ero in grado di ricambiare, non avendo una casa “altrettanto ospitale”, perché mia madre, convinta delle mie capacità intellettuali ( a pensarci bene, non le ho poi deluse se infine mi sono laureata con 110 e lode!) mi aveva regalato un motorino di terza mano, un Garelli 40, con cui, infagottata in un eskimo, caracollavo per via Cascione fra lo stupore dei passanti, davanti all’insolita visione di una ragazza in moto.
La moto rappresentò per me un esaltante fattore di indipendenza, di libertà. Quasi uno strumento di compensazione delle soverchierie subite.
- Non vedo più il motorino!
- Ma dai, guarda bene.
- L’avevo messo proprio nel marciapiede di fronte….
Allungando di tanto in tanto il collo dal balcone a colonnine panciute riuscivo così a controllare che fosse al suo posto.
- L’avrai messo da un’altra parte.
- No, ti dico, non c’è più.
Corsi giù dalle scale con il panico che mi stringeva lo stomaco. Ma il motorino era sparito.
Mi venne in mente lo sconforto del protagonista di “Ladri di biciclette” che vedeva sfumare con il furto della sua bicicletta il sogno del suo riscatto sociale.
Anche il mio sogno di libertà sembrava svanire.
Lo ritrovai poi in un vicolo il mio motorino. Giaceva spaccato in due, irrecuperabile e inutile…. come mi sentivo io.


Angelica Lubrano

 

LADRI DI MOTORINI