Voglio gli elettrodomestici. Lui si fermò e la guardò. I verdi
occhi irridenti si fecero seri .
Alle soglie del terzo millennio vivevano come pionieri, se non di un nuovo
mondo, di un diverso modo di vivere rispetto al resto del consorzio civile
che intanto si avviava a celebrare l’orgia consumista, sulle ceneri
dell’ideologia comunista.
Lei raccolse la biancheria in un sacco per portarla in città a sua
madre che l’aiutava a lavare il bucato grosso nella sua lavatrice.
Le cose minute, lavate faticosamente a mano, sventolavano su una corda stesa
al vento fra un albero e il balcone.
Nella vecchia cascina non arrivava l’elettricità: i sudati studi
universitari al lume di candela o delle fioche lampadine collegate ad alcune
batterie d’auto che un elettrauto pietoso caricava quotidianamente.
Qualche segno di incoraggiamento venne dalla Comunità Montana che accolse
la loro richiesta di installazione di un impianto per la produzione di energia
eolica.
Nella domanda di accompagnamento alla proposta lei aveva scritto che “
fra la produzione di energia tradizionale e quella nucleare, proprio in quegli
anni oggetto di discussioni e polemiche (risolte poi con un referendum abrogativo
delle centrali termonucleari), vi era spazio per la produzione di energie
pulite rinnovabili”.
Due ingegneri incaricati dall’Ente pubblico fornirono degli anemometri
portatili, per stabilire se la forza e più ancora la costanza del vento
potesse essere sufficiente a garantire una certa continuità nella produzione
di energia elettrica. Ogni giorno dovevamo raggiungere alcuni punti della
collina per rilevare i dati relativi alla forza e alla direzione del vento.
Dopo otto mesi gli ingegneri parvero soddisfatti dei risultati e, individuato
il sito dove installare l’impianto, diedero avvio al progetto.
Sull’onda favorevole alle energie alternative anche l’ENEA s’inserì
nella sperimentazione, così come la Fiat che collaborò con il
Totem, un generatore di corrente di ultima generazione che sarebbe intervenuto
nei momenti di assenza di vento.
L’impianto prese forma e il progetto “Libellula” prese il
volo nel senso che il giorno dell’inaugurazione, presente RAI Tre per
le riprese di rito utili ad appuntare fiori all’occhiello dei vari esponenti
istituzionali, le eliche del generatore eolico schizzarono via alla prima
più forte folata di vento.
I tentativi successivi realizzati con pale più rigide non risultarono
sufficientemente produttive e poco per volta, esaurite le passerelle istituzionali
, i responsabili scordarono l’impianto che, adagiato in un piccolo prato
recintato dopo l’esproprio, agonizzò per qualche anno, poi, pietose
erbe e rovi ricoprirono l’ennesima espressione dell’insipienza
umana.
No, la sua non è una storia a lieto fine. Non ha neanche un fine, ma
lo scorrere anonimo e incessante di ogni storia che non lascia che una piccola
traccia madreperlacea nella memoria di pochi.
2/10/08
Angelica Lubrano