C’è voglia di correnti. Complice forse l’afa… e
l’aria ferma che si respira nel partito. Così il 5 luglio a Roma
– (h10/13,30) al Centro Congressi Frentani - riprendono
i “dialoghi a sinistra”, a Milano – (h9,30) al centro artistico
culturale Rosetum – si ritrovano i Democratici, davvero di Rosy Bindi,
mentre Massimo D’Alema raccoglie nell’associazione culturale dei
Riformisti e Democratici, ReD, i suoi fedelissimi.
Formalmente una corrente dovrebbe rappresentare una proposta alternativa rispetto
a quella generale o di maggioranza… ma il PD non mi sembra abbia ancora
espresso un progetto identitario unico. Al suo interno hanno trovato collocazione
Colaninno e Caloaro e l’operaio della Tyssen, la Binetti e la Bonino,
Ichino e Damiano, nell’intento di non fare una scelta di parte, ma di
esprimere una capacità di governo, rappresentando gli interessi di
tutte le parti sociali, politiche, culturali, religiose e una vocazione maggioritaria.
Confesso che mi piaceva l’idea di una Binetti e una Bonino costrette
a sedersi a un tavolo e a cercare un punto di convergenza possibile in una
realtà politica invece rassegnata a contrapposizioni irriducibili.
Gli italiani sono stanchi di guerre che non giungono mai ad alcun esito e
di ideologie che hanno insanguinato buona parte del secolo trascorso.
D’altra parte il PD nasce proprio dal superamento ormai definitivo del
concetto di lotta di classe.
Possiamo infatti affermare senza scandalo per alcuno che nemico di classe
è il mio collega insegnante che legge il giornale invece di far lezione,
rubando non solo lo stipendio come dice Ichino, ma il futuro ai ragazzi
privati dell’opportunità di una buona preparazione? Mentre non
considero un nemico di classe l’imprenditore che investe i profitti
nell’azienda creando posti di lavoro, in regola con le norme di sicurezza,
con i contributi, con il fisco, con la normativa CEE, con la tutela della
salute dei consumatori e dell’ambiente e che subisce concorrenza sleale
dagli imprenditori disonesti ed evasori?
Temo perciò che la voglia correntizia affondi radici in altre ragioni.
Spesso sono rimasta stupita dal metodo di formazione dei gruppi dirigenti
di un partito: si formano le squadre, si aderisce a una squadra piuttosto
che a un’altra in ragione di considerazioni più di agibilità
degli spazi che di ispirazione ideale o ideologica o per meriti riconosciuti.
Poi ogni squadra garantisce a propri aderenti collocazione nei gruppi dirigenti.
Chi resta fuori da questi meccanismi resta al palo. Ecco allora spiegata la
frenesia correntizia. Ed ecco spiegata la soverchia presenza di politici di
professione negli organi dirigenti, con il risultato che il nuovo PD somiglia
maledettamente nei modi, nei linguaggi, nei tempi, nei protagonisti, ai vecchi
partiti dismessi.
Anche certi temi dirimenti e ricorrenti nelle diverse assemblee, come quello
della collocazione in Europa, di improcrastinabile attualità data la
prossima tornata elettorale nel 2009, vanno affrontati non in modo ideologico.
Non chiederò il DNA ideologico al PSE o al PPE o ai liberaldemocratici,
ma come intendono affrontare il tema della tutela dei diritti dei lavoratori
e dell’ambiente dalla morsa della globalizzazione. Non sono ostile pregiudizialmente
alla competizione globale, ma sono consapevole che questi fenomeni non possono
più essere governati a livello nazionale ed è necessario un
impegno soprannazionale, almeno a livello dei 27 membri dell’Unione
Europea, per imporre una legislazione sociale e ambientale minima uguale per
tutti i Paesi membri, uno zoccolo di tutele al di sotto delle quali non sia
possibile andare, al fine di evitare le delocalizzazioni, la deriva al ribasso
dei diritti dei lavoratori, dei consumatori e dell’ambiente in nessuno
dei paesi membri dell’UE. Un impegno a trasformare l’UE dei banchieri
in quella dei popoli e dei lavoratori.
Mi rendo conto di fare qualche volo di fantasia, ma la politica dovrebbe essere
proprio questo: la possibilità di trasformare l’esistente in
un mondo migliore.
Angelica Lubrano
Quiliano (SV)