Spesso nell’appello del segretario si è fatto riferimento alla necessità di superare il ‘900. Ma per traguardare il nuovo millennio occorre salire sulle spalle dei giganti del passato per avere una visione più ampia del futuro. E i giganti del passato che appartengono alla mia storia sono i Gramsci, gli Enrico Berlinguer sono i giovani partigiani che hanno sacrificato il loro progetto di vita perché io e te, potessimo vivere un progetto di libertà, sono le icone ideali che io non ho rimosso, perché la mia storia è la storia di tutti quelli che sono sempre stati dalla parte giusta nelle battaglie di civiltà. Di questa storia io sono fiera e non posso sostituirla con quella di altri, non perché non apprezzi l’opera di un Bob Kennedy per esempio, (che il segretario ha messo sulla parete del suo ufficio) ma semplicemente perché non mi appartiene, non è la mia storia.
Uno di questi grandi del passato, Sandro Pertini, raccomandava per il futuro di ricordarsi sempre di coniugare insieme il concetto di giustizia con quello di libertà. I mali del ‘900, per semplificare, nacquero dalla contrapposizione crudele e straziante di un’umanità divisa fra un’idea di libertà senza giustizia nel mondo occidentale e di una eguaglianza senza libertà nel mondo del cosiddetto socialismo reale.
La fine di quest’ultimo sembra aver decretato il successo di un neoliberismo economico e culturale senza freni.
In Italia l’icona di questa idea sta nel nome stesso dell’alleanza dei nostri avversari “la casa della libertà”.
Una libertà che non vuole lacci e lacciuoli, che non vuole regole, se non quelle che riducono i diritti fondamentali, una libertà trasformata in arbitrio, in sfacciati privilegi per i pochi protagonisti del puttanaio mediatico quotidiano: da tangentopoli a calciopoli, a vallettopoli ecc…. senza risparmiare alcun settore della vita pubblica e privata dei cittadini, come ben sappiamo quando dobbiamo scalare le infinite liste di attesa di diritti trasformati in favori.
Il neoliberismo sfrenato e senza vincoli non è la risposta. E non è il sentimento di invidia, come dice Berlusconi, che ci spinge alla critica, ma gli esiti devastanti delle sue “cosiddette libertà”: nella corruzione dei costumi, nella depredazione sconsiderata delle risorse e dell’ambiente, nella paura e nella rassegnazione delle giovani generazioni o nel loro desiderio di distruzione.
Tanta responsabilità certo è delle famiglie. E della scuola, oggi solo in grado forse di garantire il diritto all’accesso, ma non ancora al successo. Una scuola capace solo di”registrare” le disuguaglianze iniziali. Noi che vogliamo guardare al futuro, specialmente in una società ad alto valore tecnologico e culturale aggiunto, una società della “conoscenza”, dobbiamo sapere che solo con l’istruzione e la formazione si vincono le sfide come ci stanno insegnando colossi mondiali come la Cina e L’India.
Le grandi sfide della globalizzazione oggi sono centrate su una competizione spietata tutta giocata sulla riduzione dei diritti dei lavoratori, e lo scopriamo dalle pagine vergognose di cronaca quotidiana che ci parla di nuova schiavitù nei campi di pomodori del Tavoliere delle Puglie o negli opifici di merci taroccate degli scantinati di Secondigliano.
Caro segretario siamo consapevoli entrambi che non è certo a livello locale e nemmeno nazionale, ormai, che si possono governare questi fenomeni, se è vero che oggi basta pigiare un tasto di un computer per trasferire in un minuto la quantità di capitali che 50 anni fa gli spalloni al confine della Svizzera trasferivano in un anno.
La delocalizzazione può essere affrontata e governata solo a livello soprannazionale: l’Europa, non quella dei banchieri e dei parametri finanziari, ma quella delineata a Lisbona. Al di sotto di certi indicatori sociali non deve essere possibile scendere in nessuno dei 27 paesi membri e in quelli che aspirano all’ingresso.
Non meno socialismo, ma più socialismo per coniugare insieme quei valori di giustizia e di libertà auspicata dai giganti del passato.

Angelica Lubrano
Quiliano (SV)

 

INTERVENTO AL CONGRESSO PROVINCIALE DS DI SAVONA