Ascolto l’intreccio di parole all’italiana. È uno scambio incrociato tra di noi. Ognuno è come fosse solo con se stesso, risponde sorridendo oppure cambia improvvisamente l’argomento e le altre si tuffano come per gioco a raccontarsi.
All’inizio è anche divertente e leggero, l’incontro un po’ goliardico rompe l’impegno di ognuna di noi con la propria giornata. Ma poi, inoltrandosi nel pomeriggio, l’atteggiamento cambia, a piccoli passi recuperiamo senza accorgerci la nostra identità e la coltiviamo con impegno, accentuandone inconsapevolmente le caratteristiche che ci allontanano da ogni possibile condivisione. Inesorabile mi prende una noia senza fine. Meglio essere sola e libera di scegliere come impiegare il mio tempo e le mie energie.
Anna, dopo aver provato ad essere ridente, riprende a lamentarsi delle sue malattie.
Lucia ha avuto tutto il giorno l’aria distratta e finalmente decide di parlare: sta organizzando un viaggio esotico e impegnativo a due. Inizia timidamente e poi non la ferma più nessuno.
Paola sembra la più tranquilla, quella che sa ascoltare tutti. In realtà si è già defilata da un pezzo senza averne l’aria, sorride e guarda le vetrine intervenendo a piccole dosi di parole garbate.
Teresa non sa resistere, inizia le sue burle intelligenti con una punta di amaro che le è rimasta addosso da qualche tempo. Sappiamo tutte il perché ma in questi incontri non se ne può parlare.
Io ridipingo dentro di me, in silenzio, tutte le sfumature dei miei incontri familiari, così rari e complessi per la distanza e la mancata condivisione del quotidiano. Così per consolarmi penso a pennelli, poesie e ceramica, mostre e artisti un po’ matti e interessanti che mi tengono viva l’attenzione e stimolano la mia creatività.
In questo modo mi allontano sempre più, in modo metaforico, dal gruppo e faccio una fatica enorme a seguire itinerari di crociere, date da sottolineare, indicazioni di negozi vari, consigli estetici e soprattutto, come si fa per dimagrire… dimagrire… dimagrire…
Nel giro di due ore tutta l’euforia iniziale si è dileguata, ognuno sente se stesso e i propri pensieri e continuare a stare insieme diventa veramente troppo diverso dalle aspettative.
Provo a lanciare un’idea: “…Mi è arrivata la mail del Filmstudio, c’è un bel film tratto da un romanzo di Roth…”
Silenzio. Si vede che alla maggioranza dei presenti non arrivano le mail e quindi non hanno ancora elaborato la possibilità di lanciarsi in una incerta avventura.
Obbligatorio un altro cambio di argomento: di nuovo silenzio dovuto alla profonda riflessione necessaria a rintracciare un “campo” comune, insomma qualcosa su cui sorridere ancora un po’ tutte insieme.
Improvvisamente sembra che ognuno di noi abbia da fare moltissimo altrove, ma reggiamo all’attimo sperando sia fuggente.
Altre vetrine incombono. Negozi appena aperti. Di quelli che hanno chiuso non si parla per allegria forzata.
Libri. Passiamo oltre velocemente, anche se magari, se si fosse sole, ci si fermerebbe.
Figli. Basta, sono tutti cambiati, ovviamente in peggio. La causa sono le nuore o i generi. Non si può più stare serenamente in loro compagnia senza sentirsi limitati e insofferenti.
L’argomento decade in breve, dopo pochi minuti di espressioni vaghe e contraddittorie, da segreti di famiglia.
Genitori. Chi non li ha più tace. Chi li ha parla troppo e senza cuore.
“Sì, mi ricordo che anch’io dovevo pensare a tutto perché in certe situazioni nessuno ti aiuta”.
Il giardino. “Conoscete un pensionato che sappia potare le rose e che non mi spelli viva?”. Silenzio ancora. L’argomento è troppo fine a se stesso, non consente dissertazioni adatte ad assumere atteggiamenti di qualsiasi tipo.
L’ultimo film già visto insieme: “Mi è piaciuto perché è di quelli che non ti fanno pensare… arrivi già stanca… sai… vorrei sempre che fosse una commedia leggera…”
Mi viene da legare la commedia a questo sperperare la nostra vita a manciate di corale superficialità.
“Ho scoperto un bar nuovo che è già diventato di moda, ci andiamo?”
“A me piace passeggiare un po’ in queste belle giornate ancora calde ma non troppo…”
“Sì, ma dopo un po’ ti stufi se non hai qualcosa da fare, un impegno, qualcuno da incontrare…”
“A me piace lo stesso…”
“A me no”.
“Venite? Vado a provarmi un cappotto che ho visto ieri, così mi date un consiglio….”
Entriamo in gruppo. Le commesse ci guardano con i sorrisi velati di preoccupazione.
Si chiedono se davvero compreremo qualcosa, fra tutte.
Comincia l’assalto agli stendini. Ognuno si discosta per trovare il meglio e per prima.
Mi sento stanca e stonata.
Non ho voglia di spendere, non ho bisogno di nulla. Solo, vorrei restare un po’ sola, in pace e in silenzio, senza far finta di sentirmi appagata.
“Scusate, vi aspetto fuori, vado a fumarmi una sigaretta….”
“Hai ripreso a fumare? Da quando? Perché?”
“Ma, così, ogni tanto… mi placa l’ansia.”
Finalmente libera esco nella luce azzurrina del pomeriggio inoltrato, respiro a fondo l’aria quasi pura. Penso ai fatti miei, guardo i passanti e non li vedo, ma soprattutto non sono costretta ad ascoltarli né a dare insulse e inadeguate risposte.
Ovviamente, niente sigaretta. Sono ormai quasi trent’anni che ho perso il vizio. Era solo un pretesto per mettere una barriera di “fumo” tra me e questo scontatissimo nulla.

Laura Macchia

UNA BARRIERA DI FUMO di Laura Macchia